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Data Inserimento: 16/05/2019 10:53
Marina Falco
Il tempo dell’acqua
Mantova, Galleria Arianna Sartori – Arte & Object Design
11 – 23 maggio 2019
Comunicato stampa
Dopo il successo riscontrato a Comabbio (Va) nella Sala Lucio Fontana, lo scorso aprile, l’artista Marina Falco ripresenterà la personale “Il tempo dell’acqua” realizzata a cura di Felice Bonalumi e Massimo Cassani, alla Galleria Arianna Sartori di Mantova in via Cappello 17, con inaugurazione sabato 11 maggio. Affianca la mostra un catalogo, realizzato su progetto grafico di Massimo Cassani, con testo di Felice Bonalumi, traduzione di Monica Colombo e con la collaborazione di Nicoletta Colombo Lazzari. Il tempo dell’acqua, titolo della mostra, si può considerare un ossimoro. Perché l’acqua, a livello simbolico, rappresenta la luna con il suo dualismo, faccia illuminata - faccia nascosta, e il contrasto latente chiama in causa sentimenti, emozioni e legami. Come simbolo l’acqua è eterna, sta fuori dal tempo o, meglio, è prima del tempo e infatti per gli antichi è all’origine di tutti gli esseri viventi (Oceano padre degli dei). Cioè della vita, quindi del bene e del male e allora l’acqua è anche distruzione e morte, vale a dire il lato oscuro della personalità. La parola da spiegare è allora tempo perché l’eternità, in quanto ex-ternum, fuori dalla triade temporale passato-presente-futuro, può essere scalfita solo dal lavoro di chi, ed è l’artista, non accetta la linearità logica.
Nel caso di Marina Falco la tematica ha anche un valore esistenziale con quello che sembra uno iato fra un prima, l’indagine sul corpo umano, e un dopo che è il presente con la centralità dell’acqua. Dal microcosmo al macrocosmo? Sì, credo sia una possibile chiave di lettura sottolineando la contemporanea presenza nei suoi lavori attuali di acqua e terra in quanto la prima, elemento indifferenziato, trova la sua dimensione e delimitazione solo nel rapporto con la seconda, isola o bosco o marcita della pianura padana poco importa. Un approdo, dunque, per cui l’acqua è anche viaggio, metaforicamente viaggio della vita, è dinamismo, come ricerca dell’anima o, se si preferisce, dell’essere, ed è silenzio in quanto mistero e riflessione. Ed è questa la dimensione scelta dall’artista nelle sue opere, quadri e disegni.
Il rischio nell’affrontare il tema del paesaggio è il déjà vu o, peggio, la banalità e Marina Falco li evita reinterpretando la tradizione: in primo piano l’acqua resa con pennellate orizzontali e verticali, a volte ampie altre di superficie minore, con sfumature di bianco in cui possono riflettersi o meno parti del paesaggio circostante e nei disegni spesso con linee che sembrano essere graffi.
Insomma, non c’è descrizione realistica nel senso di rappresentazione del vero, ma neppure una dimensione sentimentale-romantica con l’idillio o la tragedia conseguenti. Marina Falco fa, se possibile, qualcosa in più: si pone come spettatrice in quanto guarda nel luogo della sua azione pittorica. Entra per quanto lo sguardo permette e coglie un attimo, un momento che è quello dell’unione indicibile che si può anche chiamare ispirazione. Il tempo della pittura e del disegno sono più o meno lunghi, il tempo dello sguardo è l’immediatezza che spiega i modi diversi in cui le macchie di colore costruiscono il soggetto o la forza in alcuni casi e la delicatezza in altri delle linee nei disegni. Non paesaggi dell’anima o altri stereotipi del genere: questi sono paesaggi dell’interiorità e la nostra interiorità parte dai sensi, ha bisogno della materia per crearsi le coordinate del mistero.
Qui scatta l’altro aspetto, decisivo nel lavoro dell’artista: la materia è luce, diretta nella serie di oli su tela e disegni del Lago, delle Isole e delle Marcite, riflessa nella serie intitolata appunto Riflessi o filtrata attraverso gli alberi del bosco in tanti lavori fino all’olio su tela Nemus (2015) in cui è il bosco a creare la chiazza di luce.
Sulla scia degli impressionisti? Ancora una volta sì, ma con due precisazioni. La prima è la rinuncia ad ogni descrizione realistica, come già detto, ma anche a ogni frammentazione della realtà che si costruisce per piani, per fasci e non per atomi di luce. Il mistero è dentro le cose e analizzare queste ultime significa sovrapporvi il piano razionale e non accettare l’irrappresentabile o, meglio, la parte di realtà che in un quadro/disegno possono essere rappresentati.
Le Isole, ad esempio, non sono mai il punto di arrivo dello sguardo, ma rimandano sempre a qualcosa che sta dietro, oltre e lo stesso vale per la bella serie di disegni dei boschi in cui Marina Falco fa prova di una varietà di tecniche (carboncino su carta, carbone e olio su carta oppure grafite su carta) e di una perizia invidiabili.
La seconda precisazione è tecnicamente e concettualmente molto interessante: luce diretta, riflessa, filtrata sono solo apparentemente momenti diversi nel tempo e nello spazio. Lo sguardo attento dice che sono contemporaneamente presenti perché il mistero non è mai lineare: bastano due-tre tonalità, campiture differenti, tratti orizzontali e verticali che si incontrano e sovrappongono, un particolare che richiama e riassume l’intera scena. È la complessità della visione e della riflessione ed è un motivo che si ripete sia nei quadri sia nei disegni.
Ecco allora ritornare la parola tempo. Nel senso che tonalità, campiture, linee e particolari costruiscono il mistero che è un oltre ma si realizza in un qui che è sensoriale e sono le stagioni. Nelle singole opere di Marina Falco è possibile indicare la stagione in cui l’occhio dell’artista ha catturato quel paesaggio, perché è il tempo, attraverso il cambiamento delle cose, a darci il mistero del macrocosmo. A noi il compito di parteciparvi con la nostra interiorità, anch’essa misteriosa. (Felice Bonalumi)
Informazioni:
Tel. 0376.324260
info@ariannasartori.191.it